Prevenzione Primaria nel campo dell’Attaccamento: si può!

Maternage e genitorialità nella Comunità Mamma-bambino

Si definisce maternage l’insieme delle cure affettuose, premurose e continue caratteristiche dell’atteggiamento materno; è l’arte di prendersi cura e coccolare il proprio bambino attraverso una relazione basata sull’amore, il contatto, la comunicazione, il contenimento e il nutrimento. Questo complesso di atteggiamenti e azioni condizionano in modo rilevante la formazione della personalità del bambino.

Winnicott (1974) afferma che, all’inizio della vita, le possibilità di vivere e svilupparsi di un bambino dipendono totalmente dal soddisfacimento del bisogno di appartenenza ad un Altro (madre/caregiver) che si prenda cura di lui e gli dia qual senso di sicurezza e intimità che sono basilari per la sua crescita. Lo sviluppo sano del suo vero Sé dipenderà dalla qualità affettiva di tale relazione primaria, dal tipo di legame di attaccamento sviluppatosi, cioè da quanto la figura di attaccamento (madre/caregiver) sarà stata disponibile, protettiva, affidabile, costante e capace di un contatto caldo e rassicurante.

Dunque, tra madre e bambino si crea una relazione speciale, unica, caratterizzata da un legame strettissimo, l’attaccamento. Questo rapporto privilegiato è l’elemento cardine per un buon sviluppo psicologico, intellettivo, relazionale, determinante del modo in cui il bambino da adulto affronterà le avversità della vita.

Colui che ha potuto sperimentare un buon maternage avrà sviluppato un legame emotivo forte e sicuro, premessa necessaria in vista di un corretto sviluppo psicologico. Questa relazione, nel corso della crescita, si potrà con duttilità allargare all’altro, ad oggetti-soggetti diversi dalla figura materna, ad altri componenti del gruppo familiare e poi con l’esterno. È a partire dal primo rapporto madre-bambino, che è alla base di quelli futuri, che si svolgono e gradualmente si aggiungono tutti gli altri: con il padre, i fratelli, i nonni, gli amici, i maestri, i compagni, il mondo.

La comunità offre uno spazio protetto all’interno del quale le donne-mamme possono sperimentarsi e scoprirsi come persone e come mamme.

Frequentemente le madri che arrivano in comunità sono stanche, infelici, sfiduciate, messe a dura prova dai continui fallimenti provocati dal loro stesso stile di vita. Fare “maternage” in comunità significa significa innanzitutto riconoscere la madre come persona capace di prendersi cura di sé e del suo bambino e accompagnarla nella sperimentazione di qualcosa di nuovo. Non si tratta, dunque, di offrire un sostituto alla figura materna, ma di favorire un coinvolgimento quotidiano tra madre, bambino e personale qualificato, in particolare l’educatore, attraverso la creazione di un rapporto di fiducia. Entrare in relazione con la madre richiede in primis il rispetto assoluto delle abitudini culturali e familiari che la donna possiede attraverso l’ascolto senza giudizio o critica.

Fiducia, confronto, sostegno, riconoscimento e valorizzazione delle capacità materne fino al raggiungimento della piena autonomia, sono, dunque, i cardini di un intervento di sostegno alla genitorialità.

Le fasi del processo di maternage sono:

− Creazione di un rapporto di fiducia tra madre ed educatore

− Osservazione degli stili educativi della madre

− Progettazione educativa ed obiettivi

− Interventi e strategie educativi riportati nella quotidianità

− Colloqui tra madre ed educatrice per verifica stato del percorso

− Condivisione delle trasformazioni osservate.

Per ogni diade, a partire dal tipo di attaccamento e dallo stile educativo esistenti tra madre e bambino, viene pianificato un percorso di crescita personalizzato. Saranno monitorati l’evolversi delle relazioni, le competenze acquisite e gli obiettivi ancora da raggiungere per poterne discutere con la madre all’interno di colloqui individuali, allo scopo di favorire una consapevolezza e presa di coscienza del proprio percorso e delle competenze rinforzate o acquisite, fino all’elaborazione del nuovo modello educativo proposto.

Questo lavoro educativo progettuale viene svolto attraverso interventi quotidiani che portino la madre alla riflessione e all’elaborazione.

La quotidianità è lo spazio temporale privilegiato in cui si costruisce ed evolvono la relazione e le “rappresentazioni” che la persona elabora del rapporto tra sé e l’altro. Essa conserva tutta la sua dimensione di “naturalità” pur essendo chiaramente progettata ed “intenzionata”.

Parlare di “vita quotidiana” in questo contesto educativo ed organizzativo significa far riferimento in primo luogo a tutti quei momenti che rispondono ad alcuni bisogni materiali fondamentali delle persone: dormire, riposare, mangiare, lavarsi. E anche curare il proprio corredo, il denaro per le piccole spese, andare a scuola, fare i compiti, ecc. Si tratta di situazioni semplici, di gesti e riti, spesso ripetuti, magari senza apparente prestigio pedagogico, ma che hanno una grande influenza sull’equilibrio fisico e mentale degli individui.

Due  sono gli assi attorno ai quali ruota l’intervento con le madri:

  • l’asse sociale, che permette di sviluppare e sperimentare risorse affettive e relazionali al fine di migliorare la qualità dei rapporti con l’ambiente intrafamiliare ed esterno;
  • l’asse educativo, che riguarda sia quello che questi genitori hanno fatto e/o non hanno fatto nella relazione educativa con i loro figli, sia quello che gli operatori dei diversi servizi potrebbero fare sul piano della ricostruzione delle competenze educative genitoriali. Potranno essere attivati  percorsi in piccolo gruppo, a tema o pensati sulla base delle esigenze emerse, volti a favorire la condivisione di problemi legati all’accudimento, il sostegno vicendevole, il confronto e la riflessione, l’esplorazione delle proprie risorse interne e delle aree di debolezza. Poter condividere permette di sentirsi meno soli e di collocare i problemi e i vissuti quotidiani all’interno della normalità. L’approccio educativo è focalizzato sulla progressiva rivisitazione delle competenze affettivo-relazionali della madre e sull’osservazione delle dinamiche nella relazione madre-bambino. Viene posta particolare attenzione ai bisogni dei bambini, che per crescere in modo sereno ed armonico necessitano di adeguate condizioni affettive e di stabilità sociale unite a corretti ritmi di vita quotidiani.

Agire secondo queste dimensioni permette di intervenire a 360° sulla diade madre bambino offrendo un intervento unico:

– migliorando le dinamiche familiari e valorizzando la funzione genitoriale nella famiglia;

– migliorando le abilità genitoriali nel rispondere in modo adeguato ai bisogni dei figli;

– diminuendo i problemi di sviluppo e di crescita del bambino;

– migliorando lo stato psicologico dei genitori e delle loro relazioni sociali, tramite l’utilizzazione del sostegno sociale disponibile e delle risorse comunitarie.

Un’attenzione particolare va rivolta alle riunioni e supervisioni di equipe, momenti in cui gli operatori e le varie figure professionali (assistente sociale, psicologo, educatrici, operatrici socio-sanitarie..) si ritrovano in sinergia per pianificare, attuare e verificare gli obiettivi del Progetto Educativo Individualizzato. Fare supervisione offre all’equipe un momento di confronto e riflessione fondamentale nel superamento dei problemi ed eventuali situazioni di empasse.

Dott.ssa D’Egidio Giselda
Psicologo-Psicoterapeuta